Questo tour può essere affrontato in due itinerari, uno tutto su asfalto adatto quindi anche ai SUV e CAMPER, l'altro misto on e off-road solo per moto enduro e maxi/enduro.
Viene messo questo grado di difficoltà perchè ci sono due varianti di percorso, una su asfalto facile e un'altro misto con più off-road un pò più impegnativo.
TOUR DI SAN FRANCESCO IN MOTO
LOCALITA’ DEL VIAGGIO: Il tour di SAN FRANCESCO in moto è il primo e unico viaggio completo della storia del Poverello di Assisi. Un percorso che parte dal nord, dall’antica città del Santo Sepolcro (AR), che traccia e ripercorre le tante mete realmente frequentate da San Francesco e, che con il divulgare della sua preghiera da uomo umile e povero anche le città delle regioni limitrofe alla sua Assisi (PG) dove nacque e dove sarà il nostro punto di arrivo, hanno dedicato molte strutture architettoniche religiose di notevoli pregi che meritano di essere visitate, facendo così di questo viaggio una storia con tanti luoghi legati da un filo logico, dove sarà immensamente fantastico immergersi, per restarne decisamente affascinati, sia dalle meraviglie della natura e dell’arte che troveremo dentro le chiese e musei che di volta in volta visiteremo.
In questo percorso che partirà dalla città di Sansepolcro quindi Toscana, toccheremo altre tre regioni, l’Umbria, le Marche e il Lazio, e visto che siamo di strada oltrepasseremo anche i confini Italiani per fare una breve visita nell’antica Repubblica di SAN MARINO con oltre 1130 Km di percorso.
Un viaggio dentro la storia del Santo di Assisi, attivo ed entusiasmante, studiato per chi ama l’AVVENTURA, LA STORIA e L’ARTE e vuole conoscere più da vicino i luoghi della vita e del cammino di San Francesco.
Il Tour di San Francesco in moto è un tour che percorre molte strade, che per nostra regola eviteranno quelle di grande comunicazione, quali superstrade e autostrade (se non per cause di forza maggiore) . Già questo ci da la possibilità di (ri)scoprire luoghi dimenticati e in molti casi abbandonati o semi deserti, proprio perchè sono stati tagliati fuori con il proliferarsi delle reti autostradali e superstrade, che comunque sono indispensabili per l’industria, il commercio e ovviamente il turismo.
Noi in questo tour partiremo dalla città di Sansepolcro (AR) e precisamente dalla chiesa di San Francesco, e attraverso le montagne, le strade sterrate in mezzo alla natura e poi anche su asfalto, raggiungeremo i luoghi più importanti della storia di San Francesco, attraverseremo centri abitati e luoghi che difficilmente avresti trovato da soli, dove sembrerà di essersi allontanati così tanto da tutto quello che siamo abituati a vedere che sembrerà di essere tornati indietro nel tempo. Un percorso legato da tante tappe, lungo un filo logico che le unirà e vi farà immergere dentro ad una storia che sicuramente rimarrà nei ricordi e che avrete la voglia di raccontarla, lasciando affascinati coloro che vi ascolteranno.
In fondo questo è il nostro obbiettivo, farvi vivere una storia all’interno di un viaggio e San Francesco di sicuro ci aiuterà a renderlo ancora più emozionante sensazionale e forse mistico.
Quindi i contesti storici che descriveremo saranno legati ai luoghi dove SAN FRANCESCO ha vissuto, visitato e dove ha fondato l’ordine monastico dei Francescani, che oggi sono meta turistica per i viaggi e pellegrinaggi da tutto il mondo.
Come da nostra caratteristica, su tutti i nostri itinerari, percorsi e viaggi abbiamo sempre ben presenti le componenti AVVENTURA e SICUREZZA che secondo noi rendono più affidabili i nostri pacchetti di viaggio e tutte le nostre proposte e, ne siamo convinti perchè in fase di realizzazione, quando li tracciamo per la prima volta ci divertiamo veramente e, crediamo che sarà così anche per voi.
Nell’immagine con cui vogliamo pubblicizzare i nostri viaggi, abbiamo cercato di enfatizzare tutti i nostri interessi, i viaggi in moto, l’arte e la storia che incontreremo lungo le strade, che sono state attentamente selezionate, proprio per esaltare sempre le emozioni e sensazioni suscitate dalla nostra formula di viaggi, che noi definiamo VIAGGI ATTIVI, rispettando il giusto equilibrio tra “VIAGGIO” e “CULTURA“, rispettando sempre la natura, le proprietà private e il codice della strada.
Anche questo itinerario fa parte del nostro progetto #sfidacontroperunsorriso , infatti come avrete sicuramente notato nella nostra home page vogliamo contribuire al sostegno dell’associazione SOCCORSO CLOWN, con una parte del ricavato dei nostri viaggi.
In questo particolare tour sono stati tracciati due (2) percorsi: 1) interamente su asfalto 2) misto tra on e off-road
Per questa ragione dovremmo formare dei gruppi di viaggio a secondo delle prenotazioni
PER QUESTO TOUR PUOI PARTECIPARE CON:
N.B. Per adesso offriamo il noleggio delle fantastiche BMW modello GS.
SANSEPOLCRO Terra ricca di storia e di Spirito, è da sempre strettamente legata alla figura di San Francesco, che più volte vi è transitato nel suo peregrinare da e verso La Verna, dove ricevette le stigmate. Ancora oggi nei boschi e nei borghi della valle percorsi da Francesco, si respira un’atmosfera particolare che aiuta a scoprire quel rapporto con la natura e quell’idea di pace che sono proprio del pensiero di Francesco.
EREMO DI MONTECASALE L’attività apostolica di San Francesco è prodigiosa, ha viaggiato moltissimo, in soli vent’anni ha visitato, da un capo all’altro, tutta l’Italia, ha varcato le Alpi, è sbarcato in Oriente e molto ha camminato a piedi.
Montecasale fu uno dei luoghi da lui prediletti.
Francesco amava l’orrida bellezza delle caverne di pietra nascoste tra i boschi di lecci e di quercie, creavano per lui una solitudine che più facilmente lo elevava a Dio.
Varie volte salì all’Eremo, che conobbe ancora prima della Verna, che si trova vicina.
Si suppone, come afferma lo storico Gerolamo Gherardi, che l’arrivo a Montecasale di San Francesco coincida con la predica che lo stesso fece nella chiesa di S. Giovanni a Borgo S. Sepolcro e che in tale occasione l’abate don Bartolomeo di Gherardo Guardi gli offrì il luogo abbandonato; ciò avvenne nell’anno 1212.
L’offerta trovò il favore di Francesco.
Contrario a ricevere o permettere costruzioni in muratura accettava località solitarie ed edifici poveri.
Montecasale raggruppava qualche celletta, una cappella: il resto era adibito ad ospitare malati e pellegrini; gli piacque e lo accettò.
Il vescovo Giovanni, di Città di Castello, redasse la bolla della cessione ufficiale, forse l’anno dopo: 1213 e da allora Montecasale fu indissolubilmente legato alla storia francescana.
L’occasione della cessione può essere nata così, Fra’ Tommaso da Celano scrive:
“Nel sesto anno dalla sua conversione ardendo di un intrattenibile desiderio del martirio, decise di recarsi in Siria a predicare la fede e la penitenza ai Saraceni“.
E’ il primo viaggio apostolico del santo nel 1213.
Partito dalla Porziuncola, passa per Montecasale, varca l’appennino ed a S. Leo, l’8 Maggio, incontrerà il conte Orlando di Chiusi in Casentino che gli farà dono del monte della Verna.
E’ appunto durante questo viaggio che deve essere avvenuta la cessione ufficiale di Montecasale da parte del Vescovo.
EREMO DI CERBAIOLO «Chi ha visto La Verna senza vedere Cerbaiolo, ha visto la mamma senza vedere il figliolo»: così recita un antico adagio. La tradizione locale ricorda che Sant’Antonio da Padova qui si ritirava a pregare. L’eremo francescano fu distrutto dagli scontri tra i partigiani locali e le truppe naziste, ma grazie all’amore dell’eremita Chiara, scomparsa da pochi anni, fu ricostruito nelle forme odierne. Ospita oggi un eremita, che ha scelto volontariamente di allontanarsi dal rumore del mondo.L’Eremo di Cerbaiolo sorge nella località omonima di Pieve Santo Stefano. Situato a 861 metri sul livello del mare è la straordinaria testimonianza di come l’insediamento religioso possa raggiungere luoghi impervi e ostili per l’uomo. Fra i monasteri che si affacciano sul versante tiberino è quello costruito ad altitudine maggiore, a strapiombo sulla costa e circondato da una natura ricca di sentieri e passaggi nascosti all’occhio umano. L’eremo nasce nel VIII sec. come monastero benedettino e dal 1216 (anno in cui venne donato a San Francesco) al 1783 fu abitato da frati francescani; in seguito, dopo un ordine del Granduca di Toscana i frati si spostarono nel convento della Madonna dei Lumi a Pieve Santo Stefano, dal 1786 l’eremo diventa una parrocchia.
ANGHIARI
Paese a forte vocazione turistica, grazie anche ai suoi incantevoli panorami, Anghiari vanta origini antiche e si presenta al visitatore con un suo caratteristico aspetto medievale, posizionato su di una altura a dominio della valli del Tevere e del Sovara. Le pittoresche case in pietra, i vicoli, le scale, le suggestive piazzette, testimonianze di valori storici tramandati attraverso i secoli.
Di certo fu durante il Medio Evo che Anghiari assunse la massima importanza soprattutto per l’evidente posizione strategica: si trova nominato per la prima volta in una pergamena del 1048, conservata nell’archivio di Città di Castello, anche se i primi insediamenti furono in epoca romana.
Dominio dei Signori di Galbino prima e dei Camaldolesi poi, il paese vide uno dei momenti più importanti della sua storia nella Battaglia di Anghiari che, il 29 giugno 1440, segnò la vittoria delle truppe fiorentine, alleate con il papa sull’esercito milanese.
Con la formazione del Granducato di Toscana, la comunità di Anghiari espanse i suoi territori oltre il Tevere. Dopo le vicende Napoleoniche e quelle della Restaurazione, Anghiari ha vissuto attivamente gli anni del Risorgimento, fino al plebiscito del 1860 che sancì la sua adesione al Regno dei Savoia.
la chiesa, straordinario sfondo architettonico dell’antica Ruga di S. Martino che sembra tagliare in due Anghiari per poi proseguire nel lungo rettilineo fino a Sansepolcro, fu edificata a seguito del passaggio in questo luogo di San Francesco nel 1224, quando il Santo piantò una croce in cima alla collina alla congiunzione di tre sentieri. I fedeli costruirono sul posto una piccola cappella, cui seguì l’edificazione di case e palazzi: fu così che il nuovo borgo prese il nome di Borgo della Croce. Frate Francesco, provato dal lungo periodo di penitenza sul Monte della Verna, tornava ad Assisi dopo aver ricevuto i segni della passione di Gesù Cristo: la croce, piantata ad Anghiari su quello splendido balcone che si apre sulla valle del Tevere, lontana dalle mura castellane, diventa quindi testimonianza della croce vivente da lui portata e quindi del passaggio di Cristo. Alla morte di Francesco la presenza dei suoi frati si fece sempre più assidua in zona: gli zoccolanti, così chiamati per lo zoccolo di legno dei loro sandali, venivano dalla Verna per cercare grano ed olio.
A testimonianza del loro soggiorno in Anghiari esiste ancora, quasi in fondo alla ripida discesa della Ruga, l’ ex Ospizio dei Frati, oggi sede della Confraternita della Misericordia.
La devozione popolare verso il Santo di Assisi trovò infine espressione nella trasformazione durante la seconda metà del XV sec. del vecchio Ospedale di S. Martino, posto in cima allo stradone trecentesco, in Convento per le Suore di S. Chiara.
(fonte Hotel Villa San Donnino)
CENACOLO DI MONTAUTO E LA LEGGENDA DEL SAIO DI SAN FRANCESCO
Il pendio è contraddistinto da tre edifici di notevole interesse architettonico e storico-religioso. A dominio della zona si trova la villa fortificata La Barbolana ( seconda metà del XVI sec.), straordinaria residenza privata impostata su pianta quadrata con bastioni angolari rientranti e torre centrale. Poco più avanti un bosco di cipressi cela il Convento di Montauto, mentre la strada continua fino alla recinzione che delimita la tenuta di caccia del Castello di Montauto, autentico ‘nido d’aquile’ posto a dominio delle valli del Tevere e dell’Arno. Ai signori di Montauto, la cui contea fu talmente potente da rappresentare uno degli ultimi feudi imperiali, ed all’incontro con il santo di Assisi si deve la storia del Convento.
All’interno di esso infatti sono state a lungo conservate alcune reliquie, tra cui un lembo del saio di S. Francesco. Nel settembre 1224 di ritorno dalla Verna,il Santo si fermò a Montauto dove il conte Alberto Barbolani gli offrì in dono un nuovo saio in cambio di quello che indossava, sporcato dal sangue delle stimmate e ricucito negli strappi con steli di ginestra.
S. Francesco assecondò la cortesia del Conte, il quale espresse inoltre la volontà di costruire un convento per i suoi seguaci: occorsero però ben tre secoli prima che tale promessa fosse mantenuta.
Si narra infatti che molto tempo dopo il Santo, non essendosi dimenticato della promessa ricevuta, apparve insieme a S. Antonio ad un discendente del conte Alberto, che ricevette indicazione di dove costruire chiesa e convento. La leggenda narra inoltre che gli steli di ginestra con cui era stato rammendato il saio fiorissero ad ogni primavera.
La reliquia, confiscata dai fiorentini nel 1503, fu trasportata nella chiesa di Ognissanti a Firenze, poi alcuni anni fa fu collocata all’interno della Basilica del Santuario della Verna. Risparmiato dalle distruzioni belliche, dal 1960 il Convento è abitato dalle Suore di Nostra Signora del Cenacolo ed è strutturato per l’accoglienza di ospiti in camerette site a ridosso dello splendido bosco e del leccio secolare a fianco della chiesa.
(fonte Hotel Villa San Donnino)
La leggenda narra che S. Francesco, dopo aver ricevuto le Stimmate, lasciò la Verna il 30 Settembre 1224.
L’itinerario che doveva seguire si snodava verso Monte Arcoppe (Montalcoppi), il Foresto e raggiungeva la località chiamata la Casella (Caprese Michelangelo), da dove, via Castello di Montauto, Sansepolcro, Città di Castello, sarebbe giunto ad Assisi.
Alla Casella volle fermarsi per compiere un rito. Da quell’altezza, dove l’occhio spazia nella vastità di superbi paesaggi, S. Francesco, cosciente che quel viaggio sarebbe stato senza ritorno (morirà ad Assisi il 3 Ottobre del 1226), guardò lungamente verso la Verna e con profonda commozione disse: “Addio, monte di Dio, monte santo, mons coagulatus, mons pinguis, mons in quo beneplacitum est Deo habitare! Addio monte Alvernia; Dio Padre, Dio Figliolo, Dio Spirito Santo ti benedica! Restati in pace, che più non ci vedremo.”
Ma la prima traccia storica che si ha dell’Eremo della Casella si trova in un manoscritto che porta la data del 30 Settembre 1228, giorno-anniversario della partenza del Santo, da dove è stata appunto ripresa la precedente frase. Simili sono le parole che si trovano in un libro stampato a Firenze nel 1628 ed esistente nella biblioteca della Verna che, dopo la descrizione della sosta di S. Francesco, recita così: “E dette queste parole con abbondanza di lacrime grande fece, per mano dei suoi compagni, piantare una croce in quest’istesso luogo, dove disse il vale al monte e fece la partenza. In memoria di cui, dopo che fu canonizzato l’anno del Signore 1229 la comunità di Caprese, di Sovaggio ed altri popoli circonvicini fecero questa cappella.”
Nello stesso testo si legge anche: “In questa Cappella opera il Signore, per i meriti del suo servo Francesco, molti miracoli: vanno i popoli circonvicini ogni anno a visitar quella il secondo giorno della Pentecoste, ed il Rev.do Piovano di Sovaggio, sotto la cui Parrocchia è detta Chiesa, vi dice in tal dì la Messa ed offeriscono li devoti le loro preghiere, doni e voti in quel Santo luogo. Quando alcuna volta la terra patisce di pioggia, costumano quei popoli andare in processione a pregare per tal bisogno, ed in segno della lor petizione levano dal tetto una lastra; (mirabil cosa) pochissime volte sono, anzi mi hanno detto nessuna, che non abbia piovuto l’istesso, ovvero il seguente giorno. Motivo per cui fu costruita la detta Cappella.”
(fonte Cammino di Assisi)
l monte della Verna entra nella storia dei grandi luoghi santi del mondo grazie a un incontro carico di umanità, di cortesia e di comunione spirituale. Nella primavera del 1213 Francesco d’Assisi insieme a frate Leone stava attraversando la regione del Montefeltro quando sentì di una festa presso il castello di S. Leo: si trattava dell’investitura di qualche cavaliere? Era l’occasione di incontrare gente, di parlare loro del Vangelo, dell’Amore. Salì al castello mentre, forse, sulla piazza si svolgeva una gara di menestrelli.
Montò su di un muretto e lanciò il tema della sua canzone d’amore: Tanto è quel bene ch’io aspetto, che ogni pena m’è diletto. Le sue parole furono così vibranti che gli occhi e la mente di tutti erano come rapiti da lui. Tra gli ascoltatori c’era il Conte di Chiusi in Casentino, Orlando Catani. Via via che lo ascoltava, sentiva crescere in sé il bisogno di parlare con quell’uomo nuovo, di aprirgli il cuore sui fatti della propria anima. Terminata la predica, glielo chiese. Francesco ne fu contento ma volle che prima lui adempisse ai doveri della cortesia e dell’amicizia: Onora gli amici tuoi che ti hanno invitato per la festa e desina con loro, e dopo desinare parleremo insieme quanto ti piacerà. L’incontro fu intenso. Il Conte trovò luce nelle parole dell’uomo di Dio, ma il colloquio gli fece intuire anche qualche riflesso dell’anima di Francesco. Volle perciò fargli un’offerta che gli pareva adatta al suo voler essere tutto di Dio, alla sua ricerca di solitudine: Io ho in Toscana uno monte divotissimo il quale si chiama monte della Vernia, lo quale è molto solitario e salvatico ed è troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalle gente, o a chi desidera fare vita solitaria. S’egli ti piacesse, volentieri Io ti donerei a te e a’ tuoi compagni per salute dell’anima mia. L’offerta piacque a Francesco. Poco tempo dopo mando due suoi compagni a vedere e, avuto conferma he quanto il conte diceva corrispondeva a verità, accettò il monte con grande gioia.
(fonte La Verna)
L’8 Maggio ricorre a San Leo l’anniversario dell’evento che ha cambiato la storia di un territorio e che ha portato ad uno dei più mistici episodi della cristianità ovvero la donazione del monte della Verna a San Francesco.
La storia, avvalorata da quanto si legge nei “Fioretti”, narra che Francesco d’Assisi dopo un lungo peregrinare, l’8 Maggio 1213 giunse casualmente a San Leo in occasione dell’investitura a Cavaliere di un Conte di Montefeltro alla quale era presente fra gli altri anche il Conte Orlando Cattani da Chiusi.
Alla presenza di tanta gente, Francesco non esitò e all’ombra di un olmo tenne una fervente ed appassionata predica prendendo spunto da una canzone del tempo che recitava “Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto”.
Le parole del Santo toccarono profondamente il Conte Orlando, che volle dargli in dono un Monte solitario, conosciuto col nome Verna, ritenendolo adatto a chiunque volesse fare penitenza.
L’incontro fra i due avvenne in una stanza situata all’interno dell’attuale Palazzo Nardini già Severini, poi trasformata in Cappella.
Che San Francesco sia passato da S. Agata, si sia fermato ed abbia dati vita al primo nucleo di un convento di frati minori, non lo attesta solo una lunga tradizione, ma lo confermano gli storici e lo stesso ordine francescano. Con tutta probabilità San Francesco giunse a S. Agata nel mese di maggio del 1213. Si fermò ai “Piani” dove esisteva un Monastero di monaci (Badia) dedicato al Salvatore, vicino al quale si trovava una chiesa dedicata a Sant’Andrea. Quel luogo era conosciuto come “Cella Fausti”. Qui si fermò a pregare, ed ebbe in dono dai monaci una celletta che si trovava proprio vicino alla chiesa di S. Andrea (quella chiesa successivamente prese il nome di San Francesco ai Piani). Il Santo la ristrutturò, vi pregò e fece penitenza. Tutto questo è attestato sia dalla tradizione, che da documenti che fino a un recente passato si trovavano nell’archivio notarile di S. Agata Feltria, oggi trasferiti nell’archivio di Stato a Pesaro.
In seguito al passaggio di San Francesco, nella cappella, fu incisa una lapide “a ricordo” che molti storici del passato hanno descritto e disegnato, ma che risulta scomparsa. La piccola cappella sopravvisse sino alla fine dell’800, quando, andata in rovina dopo le soppressioni napoleoniche, ormai cadente, fu distrutta.
Attualmente è ancora visibile il poco che resta della Chiesa, nella quale officiarono fino al 1781 i frati Minori conventuali.
La chiesa di San Francesco è un monumento italiano, sito nella città di Fano.
Si tratta di uno dei più antichi monumenti della città e risale, all’incirca, alla seconda metà del XIII secolo d.C. Si trova in una delle vie adiacenti alla piazza XX Settembre e in sé racchiude numerosi stili artistici, evidenza dei vari periodi storici dei quali porta i segni.
Con l’emanazione della bolla papale di papa Alessandro IV, il 26 aprile 1255, si ha la prima notizia della costruzione della chiesa, del convento di San Francesco e dell’arrivo dell’ordine francescano nella città. Nella bolla veniva concessa l’indulgenza plenaria a tutti coloro che avessero finanziato i lavori. Nel 1284 un’altra bolla, emanata da Bonomo, vescovo di Fano, rinnovò l’indulgenza ai finanziatori. I lavori si conclusero nel 1323 stando a quanto riportato nel testamento di Margherita da Peruzzo nel quale affermava che i frati compivano già riti nella chiesa.
Nel 1336 la chiesa venne consacrata dal vescovo di Fano Iacopo II, dal frate Pietro di Pesaro e dal vescovo di Senigallia, come scritto in un’iscrizione del 1498, oggi andata perduta, riportata nelle “Memorie Istoriche” dello scrittore fanese Pietro Maria Amiani.
(fonte Wikipedia)
La costruzione della chiesa di San Francesco, in stile romanico-gotico, risale alla seconda metà del Trecento. Inizialmente la chiesa era a due navate, e fu poi profondamente modificata con una serie di interventi tra il 1732 e il 1751. Dell’antica chiesa resta solo il portale, con i fregi eseguiti da Costantino Trappola nel 1516-1517. Il portico si incastona in una facciata che è rimasta incompleta nella parte superiore: le arcate sono a tutto sesto, con colonne ottagonali. La torre campanaria è rimasta intatta nella sua elegante bellezza, con le bifore e le curvature ad arco, la guglia piramidale, i conci e le bianche striscie in pietra del Furlo che conferiscono alla facciata grazia e leggerezza. L’interno è a tre navate, con quella centrale più ampia di quelle laterali. La chiesa accoglie le spoglie di numerosi personaggi illustri: i genitori di Raffaello, Timoteo Viti e Federico Barocci, l’architetto G. Battista Comandino e di Bernardino Baldi. Nella sua cripta e nei diciotto altari sono i sacelli delle famiglie nobili di Urbino: Biancalana, Boni, Palma, Buffi e tanti altri. Fra le opere conservate, si possono ammirare: nel coro, il Perdono di Assisi, pregevole tela del Barocci; un Crocefisso attribuito ai Salimbene; un affresco del XV secolo; nella Cappella Paltroni, il Cristo Morto.
(fonte Regione Marche)
CITERNA
Al confine tra Umbria e Toscana, il pellegrino passa per Citerna, cittadina situata su una collina dalla quale si gode uno stupendo panorama su tutta l’Alta Valle del Tevere. Contesa ripetutamente per la sua posizione strategica (di avvistamento dei flussi militari provenienti da Romagna, Marche e Toscana), Citerna conserva ancora nella cinta muraria, nei camminamenti medievali e nell’acropoli sovrastante il borgo, la memoria della sua ricca storia.
Interessante per il ricco patrimonio artistico la chiesa dedicata al santo, risalente al 1316 e rifatta nel 1508 in semplici forme rinascimentali.
In questa località si verifica un simpatico episodio della vita del Poverello. Quando San Francesco vi arriva nel 1214, un gran numero di persone vuole sentirlo predicare cosicché si è costretti ad andare in aperta campagna. Francesco si appoggia a una quercia, la quale però è piena di formiche: in nome di Dio, egli comanda loro di andar via e le bestiole miracolosamente ubbidiscono. In quello stesso luogo, chiamato del Montesanto, viene edificato nel XIII secolo il Conventino, detto anche gli Osservanti, abitato finché i francescani non si trasferiscono nel Convento intitolato al Santissimo Crocefisso. Quest’ultimo, soppresso all’indomani dell’unità d’Italia, è oggi dimora di una comunità di suore benedettine di clausura.
Un altro racconto narra che mentre Francesco predica, un donna, suonando il cembalo, non gli permette di farsi ascoltare dalla folla. Ammonita dolcemente la donna non smette cosicchè Francesco dice: “Piglia, o diavolo, piglia ciò che è tuo”. La misera donna è levata in aria e non è più vista da nessuno.
(fonte il sentiero di Francesco)
EREMO DEL BUONRIPOSO
A circa quattro chilometri da Città di Castello, sul monte Citerone, nascosto dietro il colle di Sant’Angiolino, alla destra del Tevere, troviamo il Convento del Buonriposo che deve il suo nome proprio al fatto che qui san Francesco vi trova tranquillità e pace.
Nelle sue peregrinazioni verso La Verna, il Santo, infatti, era solito ritirarsi in questo luogo isolato, adatto alla preghiera e alla vita contemplativa e costituito allora da alcune grotte naturali.
Nel 1213, Francesco ottiene da Cristiano Guelfucci una cappellina con circostante orto, dove si stabiliscono i frati minori. Al primitivo romitaggio di Buonriposo, successivamente vengono aggiunti convento e chiesa, i quali, però, con la soppressione italica, saranno chiusi e venduti a privati.
E’ ancora intatta e visibile la chiesetta povera con l’altare e il coro, d’una semplicità tutta francescana, la stanza del Santo, il refettorio, il minuscolo chiostro e la Grotta del Diavolo, in cui Francesco, in preghiera, sarebbe stato ripetutamente tentato da apparizioni demoniache.
Toccante l’episodio, avvenuto nel 1224, poco tempo dopo l’impressione delle Stimmate, che narra come Francesco, accolto festosamente dal popolo, cerca invano di nascondere le gloriose piaghe “per fuggire ogni occasione di gloria mondana”.
(fonte Il sentioro di Francesco)
CITTA’ DI CASTELLO
Posta su una lieve altura nell’Alta Valle del Tevere, Città di Castello è un potente libero comune di parte guelfa quando otto secoli fa vi sosta San Francesco, l’ultima volta per un mese intero, ospite della famiglia Salamacchi.
Come narrano i biografi, Francesco qui compie molti miracoli come quello della “liberazione dal demonio di una femmina ossessa”.
La notizia di questo miracolo si diffonde rapidamente e così un’altra donna porta dal Santo il proprio figlio affetto da una crudele piaga. Francesco segna il bambino con le sue mani. La mattina seguente il bimbo è perfettamente guarito: al posto della piaga, è nata la carne a forma di rosa rossa.
A Città di Castello si può visitare la chiesa di San Francesco. Costruita secondo lo stile gotico del XIV secolo, la chiesa accoglie la copia del dipinto di Raffaello “Sposalizio della Vergine”, il cui originale si trova nella Pinacoteca di Brera; l’opera “L’incoronazione della Vergine” di Giorgio Vasari è posta nell’altare maggiore della cappella Vitelli, anch’essa del Vasari.
Fonti Francescane
(fonte Il sentiero di Francesco)
PREGGIO – UMBERTIDE
La chiesa primitiva era nel castello poi successivamente si è trasferita in questa sede dove c’era un convento fondato dallo stesso San Francesco che vi dimorò nel 1212. Dell’antica Chiesa di Preggio non si hanno che scarse notizie, si ipotizza però che la costruzione dell’antico edificio è anteriore al 1163.
Si sa che fu edificata nella parte alta del castello e viene ricordata in un diploma del 1163, nel quale Federico I dichiara di proteggere il vescovo di Perugia, la Cattedrale e tutte le chiese che le appartengono, tra le quali è citata la “Canonica S.S. Trinità de Pejo” quindi in quella data già esisteva ed era ben consolidata nel territorio.
Per le sue precarie condizioni fu sconsacrata e fino ad alcuni anni fa i suoi locali ospitarono una colonia permanente per ragazzi, poi trasformata in albergo.
L’esterno di questo antico edificio porta ancora una iscrizione interessante ormai corrosa: ricorda un’eclissi solare del mese di luglio 1239.
Verso la fine del 1400 la comunità di questa chiesa si trasferì in quella edificata dai francescani nel 1223 e nella quale la tradizione vuole che abbia dimorato San Francesco.
Questa chiesa venne chiamata della S.S. Trinità in San Francesco, è ubicata in prossimità del castello è delimitata da piazzale e sagrato con un pozzo.
La canonica della SS. Trinità di Preggio è documentata altresì all’inizio del Trecento (1350 – 1350).
Nel Liber Beneficiorum degli anni 1444 – 1493 la chiesa è iscritta quale dipendente dall’episcopato perugino.
Compare anche negli estimi del 1493 e nel catasto del 1489 è iscritta tra i rusticali.
Fu acquisita dal parroco e divenne parrocchia nel XVIII sec. infatti dalla visita pastorale del vescovo Pecci del 1849, risulta che in quell’anno le funzioni parrocchiali di questa chiesa erano esercitate in quella di San Francesco.
Nella chiesa è conservata una “Spina” che pare prelevata dalla corona che cinse il capo di Cristo.
Su come sia giunta a Preggio e in quale anno non si hanno testimonianze note, i documenti un tempo esistenti sarebbero andati distrutti in un incendio divampato nell’Archivio vescovile di Perugia nel secolo scorso.
La tradizione vuole che la Sacra Spina è stata portata a Preggio al tempo della costruzione della chiesa nel 1223 da un frate francescano portò la reliquia che tutt’ora è conservata nella chiesa; successivamente nel 1774 un orafo fiorentino realizzò il reliquario.
Nel 1950 la chiesa venne interamente rivista nella zona presbiteriale con la creazione di un piano rialzato utile all’esposizione della sacra spina ed alla circolazione dei fedeli per vederla da vicino.
Un piano sottostante poteva avere valore di cripta, ma funge da ripostiglio.
PIEVE DE’ SADDI
Contrazione di Pieve dei Santi, è edificata nel luogo in cui, secondo la tradizione, avviene il martirio di San Crescentino, soldato romano del IV secolo, decapitato sotto l’imperatore Diocleziano per aver abbracciato la religione cristiana.
Eretta sopra le vestigia di un preesistente tempio pagano, la chiesa presenta forme romaniche e si data pertanto alla seconda metà dell’XI secolo. Con un bel campanile a vela, è divisa in tre navate ed è chiusa nella parte posteriore da un’abside poligonale; sulle pareti, tra gli intonaci, è possibile intravedere le tracce di un’antica decorazione pittorica. La cripta, al di sotto dell’edificio, ospitava le spoglie di San Crescentino, poi traslate ad Urbino. Un bassorilievo in pietra calcarea, sulla parete sinistra, mostra il Santo nell’atto di uccidere un drago.
Una torre del IX secolo senza merlatura, con una struttura tipicamente difensiva, chiude sul davanti la costruzione.
L’edificio appartenne nel XVI secolo alla famiglia Vitelli, mentre ora è un bene di proprietà della curia vescovile di Città di Castello. Nelle vicinanze si trova la Fonte del Drago, una sorgente d’acqua solforosa collegata con la leggenda del santo, ed un vasto bosco di querce secolari.
(fonte Il sentiero di Francesco)
PIETRALUNGA
Pietralunga, fondata dalle antiche popolazioni umbre e distrutta nel periodo delle invasioni barbariche, viene riedificata sull’odierno colle nel VII secolo. La cittadina conserva l’aspetto di borgo medievale, cinto di mura e raccolto attorno alla Rocca Longobarda pentagonale eretta nell’VIII secolo. A questo periodo si fa risalire anche la costruzione della Pieve di Santa Maria, oggi chiesa parrocchiale di Pietralunga, con un bellissimo portale romanico. La chiesa ha un’unica navata, semplice e disadorna, interrotta solo da grossi costoni che sorreggono le volte a ogiva. Notevoli effetti cromatici e armonici nelle figure del martirio di San Sebastiano, affresco attribuito a Raffaellino del Colle.
Il nome deriva da PRATALONGA, a causa dei pascoli estesi che circondavano il territorio.
Pietralunga è una tappa importante dei frequenti pellegrinaggi di Francesco da Assisi a Gubbio e alla Verna, dato che, attraverso Pietralunga, passava un’importante strada medievale che collegava il versante adriatico a quello tirrenico. Secondo la tradizione, San Francesco è solito pernottare in una pieve poco lontana dal centro della città, dove in seguito si forma un romitorio di frati minori e dove oggi sorge il Santuario della Madonna dei Rimedi. Centro di intensa devozione mariana dopo alcune apparizioni della Madonna nel primi anni del 1500, il santuario assume le caratteristiche architettoniche odierne nel XVII secolo.
(fonte Il cammino di Francesco)
GUBBIO
Gubbio, la città che per prima, agli inizi del 1207, accoglie il Poverello ammirando le sue virtù e riconoscendo in lui un uomo mandato da Dio. In quell’inverno, Francesco, giunto a Porta S.Pietro (ora Porta Vittoria) si dirige senza esitazioni verso la casa degli amici Spadalonga, in Piazza del Mercato, dove viene accolto con calore, rifocillato e rivestito con una tunica fatta di una stoffa povera e rozza, di color grigio, che rappresenterà il primo abito dell’Ordine francescano. Da qui inizia la sua vita da “uomo nuovo” accostandosi alle persone più bisognose. Esistono varie teorie sull’arrivo del futuro santoa Gubbio: è possibile che Francesco l’abbia scelta per la presenza di molti ospedali, ospizi e luoghi di accoglienza dei più poveri, la cui esistenza indicava la singolare “pietas” degli eugubini; oppure, partito da Assisi, si è diretto dall’amico Giacomello Spadalonga, con cui aveva trascorso un periodo di carcere a Perugia; ultima, ma non per importanza, la fama di Sant’Ubaldo, vescovo di Gubbio e grande riformatore della chiesa, morto una cinquantina d’anni prima.
L’ospedale in cui Francesco cura i lebbrosi è quello di San Lazzaro a poche centinaia di metri dalla Chiesa della Vittorina che, insieme alla chiese di San Francesco e San Francesco della Pace, è uno dei luoghi più suggestivi e amati del francescanesimo.
Fonti Francescane
Francesco si applica a servire i lebbrosi
(fonte Il cammino di Francesco)
VALFABBRICA
Piccolo centro di origine medievale situato sulla sponda del fiume Chiascio, Valfabbrica è nel Duecento una tappa fondamentale dell’affascinante sentiero tracciato da pellegrini, briganti e soldati.
La cerchia muraria del castello originario sembra essere stata irrobustita durante il Rinascimento per sostenere la forza delle armi da fuoco che stava cambiando completamente le strategie militari. Potere civile (la torre merlata) e potere religioso (la chiesa) si guardano ancora oggi con l’orgoglio di un tempo.
Alcuni biografi raccontano che San Francesco trova riparo, in pieno inverno, nell’abbazia benedettina di Santa Maria Assunta in Valfabbrica, uno dei più antichi cenobi dell’Umbria, anteriore all’anno mille. L’accoglienza fatta dal priore non fu delle migliori, i monaci si trovano davanti un mendicante sporco, intirizzito, lacero e gli riservano le mansioni di sguattero. Anni dopo, quando la sua fama sarà grande in tutto il territorio, il priore tornerà a chiedergli perdono.
Gli studiosi non sono concordi nell’identificare il luogo di questa aggressione e della successiva ospitalità presso il monastero: alcuni sostengono che il luogo dell’incontro con i briganti sia al “Pioppo“ e al monastero di Valfabbrica risale la cattiva ospitalità dei monaci, altri vedono Francesco aggredito lungo il torrente Rio Grande e ospitato poi presso il castello di Coccorano, infine, alcuni collocano questo evento nella zona di Caprignone.
Di certo, Francesco sosta per pochi giorni a Valfabbrica a causa del disgelo primaverile e del conseguente ingrossamento del fiume Chiascio. Quindi, dopo aver attraversato alla Barcaccia il fiume con una chiatta continua il suo cammino verso Gubbio.
(fonte Il cammino di Francesco)
CASTELLO DI COCCORANO
Lungo il sentiero che da Gubbio porta ad Assisi, tra boschi, stradine sterrate e colline, a Francesco si apre la vista sul castello di Coccorano, una rocca che risale all’XI secolo da cui si scorge una ampia parte della valle del Chiascio. Di proprietà della famiglia Bigazzini di Gubbio, il feudo si rivela subito un difficile dominio di confine, ripetutamente attaccato e distrutto in battaglie di predominio tra Assisi, Gubbio e Perugia. Fin dalla metà dell’XIII secolo il signore del maniero, Iacopo Bigazzini, sottomette tutte le terre confinanti, compresi i beni dell’abbazia benedettina di Santa Maria in Valfabbrica. Successivamente il giovane diventerà discepolo del Santo.
Il nome della zona invece sembra derivare dal coccuno, una specie arborea usata per tingere.
Le cronache dei biografi del Poverello di Assisi narrano di un episodio in cui Francesco viene aggredito, insultato e gettato nella neve dai briganti lungo il sentiero. Una prima versione del fatto fa coincidere il luogo nei pressi di Coccorano: il frate mendicante chiede aiuto agli abitanti del castello che gli offrono rifugio nell’edificio.
(fonte il Cammino di Francesco)
ASSISI
La cittadina umbra, dolcemente adagiata ai piedi del monte Subasio, è il luogo in cui Francesco nasce e trascorre la sua giovinezza, spensierata e mondana.
Figlio del ricco commerciante di stoffe Pietro di Bernardone, Francesco è istruito in latino e francese e destinato alla “lucrosa attività del commercio”.
Nel 1202 partecipa alla guerra tra Assisi e Perugia e viene fatto prigioniero per più di un anno. Tornato ad Assisi, inizia, in coincidenza con una lunga e misteriosa malattia, un periodo di turbamento interiore e di profonda meditazione che lo porta ad una radicale rottura con il passato, vissuto “nei giuochi, nelle raffinatezze, ne’ bei motti, nei canti, nelle lussuose e fluenti vesti”. Avviene la conversione, che trova il suo momento culminante e noto ai più, in piazza Santa Maria Maggiore, sulla quale si affaccia il Palazzo Vescovile di Assisi. Francesco si libera delle vesti davanti a suo padre e al Vescovo. Il presule, colpito dalla fermezza d’animo e dal coraggio del giovane, lo abbraccia e lo copre con il suo stesso manto. E’ testimone di un atto ispirato da Dio al suo servo.
Dopo la rinuncia ai beni materiali, Francesco parte verso Gubbio, città legata ad Assisi da solidi vincoli d’amicizia. A Gubbio, conosce la famiglia di Bernardo Spadalonga, che commercia panni in lana in un fondaco in piazza del Mercato. In particolare, Francesco è amico di Giacomello insieme al quale ha condiviso l’anno di prigionia a Perugia. Per non ridestare l’ira del padre, il santo si ferma a Gubbio per alcuni mesi.
Prima di lasciare Assisi per dirigersi verso Gubbio, passando attraverso Porta San Giacomo come Francesco nel marzo 1207, i pellegrini di oggi non possono non visitare alcuni luoghi simbolo della spiritualità francescana in tutto il mondo.
Fonti Francescane
Incomincia la vita del beato Francesco
Francesco si libera delle vesti
(fonte il cammino di Francesco)
RIETI
“…Francesco, ha santificato Assisi, sua città natale, ma rifulse nella provincia di Rieti per una speciale predilezione e per lo splendore dei molti miracoli.”
La Valle Santa è una pianura, dalla forma quasi circolare, chiusa lungo tutto il perimetro da colline e monti, come il Terminillo. In questo anfiteatro naturale sono collocati i quattro Santuari francescani, idealmente disposti alle quattro estremità di una croce mistica.
Tanti sono i motivi che hanno condotto San Francesco a Rieti, tra questi certamente vi fu la bellezza della natura.
La pianura è fertilissima e ancor oggi, come nei secoli passati, alimenta la sua gente. Così, durante l’estate, puoi ammirare la piana che si trasforma in un mare giallo di grano.
I monti sono coperti da boschi secolari, dominati dalla quercia, dai faggi, dai castagni da frutto, dagli elci e dai carpini. A quote più alte prosperano abeti, larici e agrifogli.
Le abbondanti acque dolci della Valle Santa sono famose in tutto il mondo per la loro purezza.
Il fiume Velino, dal blu intenso, solca tutta la pianura ed entra nella città di Rieti portandovi trote e germani reali. I torrenti, come il Turano, scorrono veloci tra rocce e boschi. Dal suolo emergono sorgenti spettacolari come quelle del Santa Susanna.
La Valle Santa stessa era in origine occupata da un enorme lago, il lago Velino. Nel 271 a. C. i Romani intrapresero la bonifica dell’area. A testimoniare quell’antica distesa d’acque resta oggi l’incantevole Riserva Naturale del Laghi Lungo e Ripasottile. Qui, tra canneti fittissimi e ninfee bianche, potrai ammirare l’airone bianco, l’airone cenerino, il germano reale e tanti altri animali.
(fonte Il cammino di Francesco)
GRECCIO
In provincia di Rieti si erge Greccio, borgo a 750 metri d’altezza, posto alle pendici del Monte Lacerone, ai confini con l’Umbria. Un luogo incantato, attorniato da boschi ricchi di felci e querce, le cui origini affondano le radici nel mito.
La leggenda vuole infatti che Greccio venne fondata da una colonia greca, esiliata dalla propria patria. Il luogo venne scelto per il proprio splendore, così come per la posizione strategica in termini strategici. I 750 metri d’altezza sul livello del mare infatti rappresentavano un’ottima difesa naturale. Il nome d’origine fu Grecia, si racconta, per poi divenire Grece, Grecce e infine Greccio.
Il borgo venne distrutto nel 1242 dalle truppe di Federico II di Svevia, che non riuscirono a espugnare Rieti. Devastazione ripetute molti secoli dopo, nel 1799, stavolta a opera delle truppe di Napoleone. Ciò che è sopravvissuto fino a oggi sono i resti del castello del XI secolo, così come la struttura del borgo, che fa riferimento alla fortificazione tipica di epoca medievale.
Il nome di Greccio è legato storicamente alla figura di San Francesco d’Assisi, che proprio qui diede vita al primo presepe vivente, grazie alla collaborazione del signore del borgo, Messer Giovanni Velita. Il tutto avvenne nella notte di Natale del 1223. I valori francescani avvolsero ogni vicolo, a partire da una tradizione per la quale il borgo è oggi noto in tutto il mondo. La rappresentazione è stata però a lungo interrotta, per poi riprendere soltanto nel 1972.
Il turismo però non si limita al solo periodo natalizio, con il centro storico che rappresenta un concentrato di bellezza davvero splendido, riassunto dalla Torre Campanaria. Questa è stata eretta nel XVII secolo, lì dove un tempo sorgeva una delle sei antiche torri medievali del borgo. Impossibile non lasciarsi trasportare dal fascino delle due chiese principali, San Michele Arcangelo e S. Maria del Giglio. Qui San Francesco realizzò ben quattro santuari, con il Santuario Francescano che attira il maggior numero di curiosi e fedeli.
Greccio non è però soltanto un luogo spirituale, come dimostrano i tanti itinerari naturalistici. Si trovano qui alcuni tra i più bei percorsi da trekking che l’Italia possa offrire. Tra questi spicca il cammino di Francesco, che ripercorre i suoi passi lungo la pianura della Valle Santa.
(fonte Si Viaggia)
GIORNO 1 –
GIORNO 2 –
In fase di Definizione
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